Schulabbrecher: Wenn die Familie (unwissentlich) mitschuldig wird

06.11.2025

La dispersione scolastica non è solo un problema educativo: è un'emergenza sociale. Dietro ogni banco vuoto si nasconde una storia di rinuncia, spesso silenziosa, che coinvolge non solo lo studente ma anche — e soprattutto — la sua famiglia. In molti casi, sono proprio i genitori, con la loro inconsapevolezza, fragilità o rassegnazione, a favorire l'abbandono scolastico. Non per cattiveria, ma per ignoranza emotiva, immaturità educativa e un disagio esistenziale mai elaborato.


Famiglie fragili, figli disorientati

Molti genitori oggi vivono un disagio profondo: economico, psicologico, relazionale. Alcuni hanno alle spalle storie di fallimenti scolastici, altri si sentono inadeguati a sostenere i figli nel percorso educativo. Questo porta a due atteggiamenti opposti ma ugualmente dannosi:

  • L'indifferenza passiva: "Se non vuole andare a scuola, pazienza. L'importante è che stia bene".
  • La complicità deresponsabilizzante: "Ha mal di pancia? Meglio che resti a casa. Non voglio forzarlo".

In entrambi i casi, il messaggio che passa è chiaro: la scuola è opzionale. E così, ogni piccolo disagio diventa un pretesto per assentarsi, ogni difficoltà un motivo per mollare.

L'ignoranza emotiva: il vero nemico

Molti genitori non hanno gli strumenti per comprendere il valore profondo della scuola. Non solo come luogo di apprendimento, ma come spazio di emancipazione, crescita, confronto. La scuola è il primo laboratorio sociale dove si impara a fallire, a rialzarsi, a costruire un'identità.

Quando un genitore non ha mai sperimentato tutto questo, o lo ha vissuto come trauma, tende a trasmettere ai figli un'idea distorta dell'istruzione: un obbligo, una fatica, un nemico.

Il ruolo della scuola: tra impotenza e resistenza

Gli insegnanti lo sanno. Vedono ogni giorno studenti che si spengono, famiglie che non rispondono, assenze giustificate con leggerezza. Eppure resistono. Perché sanno che ogni ragazzo che resta è una possibilità di cambiamento. Ma da soli non bastano. Serve un'alleanza educativa forte, sincera, coraggiosa. Serve che la "parte buona" della genitorialità — quella consapevole, presente, anche se a volte stanca — prevalga e faccia sentire la propria voce. Che si opponga alla deriva dell'indifferenza.

La scuola come discontinuità generazionale

Per molti ragazzi, la scuola è l'unica occasione per rompere il ciclo della povertà culturale, della marginalità, della rassegnazione. È il ponte verso un futuro diverso da quello dei genitori. Ma se la famiglia non lo capisce, se non lo sostiene, quel ponte crolla. E allora il rischio è che la sofferenza dei genitori — non elaborata, non trasformata — diventi l'eredità dei figli. Un'eredità fatta di rinunce, di sogni abortiti, di vite a metà.

Cosa possiamo fare (insieme)

  • Educare i genitori all'educazione: incontri, sportelli psicologici, percorsi di consapevolezza.
  • Rendere la scuola più accogliente: meno burocrazia, più ascolto, più flessibilità.
  • Valorizzare le buone pratiche: raccontare le storie di chi ce l'ha fatta, anche partendo da contesti difficili.
  • Creare reti territoriali: scuola, servizi sociali, associazioni, parrocchie, tutti insieme per non lasciare nessuno indietro.

La dispersione scolastica non è solo colpa dei ragazzi. È il sintomo di un disagio più profondo, che parte dalle famiglie e si riflette nella scuola. Ma è anche un'occasione: per ripensare l'educazione, per ricostruire legami, per dare ai nostri figli — e a noi stessi — un futuro migliore.


MIT ANDEREN WORTEN


Una scuola di frontiera, una preside coraggiosa e sullo sfondo il Parco Verde di Caivano, periferia difficile a nord di Napoli, tra criminalità, degrado e il sogno di rigenerazione sociale. Un contesto sospeso tra bene e male, dove però si scoprono, inaspettatamente, capolavori umani.

Domenico Iannacone torna a Caivano per incontrare Eugenia Carfora, preside dell'Istituto Francesco Morano, che continua la sua battaglia contro la dispersione scolastica. Qui, l'abbandono scolastico non è solo un problema educativo: è un'emergenza sociale. Dietro ogni banco vuoto si nasconde una storia di rinuncia, spesso silenziosa, che coinvolge non solo lo studente, ma anche — e soprattutto — la sua famiglia.

In molti casi, sono proprio i genitori, con la loro inconsapevolezza, fragilità o rassegnazione, a favorire l'abbandono. Non per cattiveria, ma per ignoranza emotiva, immaturità educativa e un disagio esistenziale mai elaborato. Alcuni hanno vissuto il fallimento scolastico, altri si sentono inadeguati nel sostenere i figli. E così, ogni difficoltà diventa un motivo per mollare, ogni disagio un pretesto per restare a casa.

Eppure, anche in questo contesto, la scuola può diventare un presidio di umanità. L'Istituto Morano è oggi un fiore nel deserto, un luogo che accoglie, non giudica, non lascia indietro nessuno. Un messaggio potente di cambiamento, che ha ispirato anche l'imprenditore emiliano Eugenio Gagliardelli. Abbracciando il progetto visionario della preside, ha assunto nella sua azienda di ceramiche i ragazzi appena diplomati, offrendo loro lavoro, alloggio e un'auto. Un modello "olivettiano" che fonde impresa e responsabilità sociale.

La dispersione scolastica non è solo colpa dei ragazzi. È il sintomo di un disagio più profondo, che parte dalle famiglie e si riflette nella scuola. Ma è anche un'occasione: per ripensare l'educazione, per ricostruire legami, per dare ai nostri figli — e a noi stessi — un futuro migliore.

Condividere queste storie significa credere che il cambiamento è possibile. Anche dove sembra impossibile.

Dispersione scolastica: quando l'educazione diventa resistenza civile

Una scuola di frontiera, una preside coraggiosa e sullo sfondo il Parco Verde di Caivano, periferia difficile a Nord di Napoli, tra criminalità, degrado e il sogno di rigenerazione sociale. Un contesto sospeso tra bene e male, dove però si scoprono, inaspettatamente, "capolavori umani". Domenico Iannacone torna a Caivano per incontrare, a distanza di tempo, Eugenia Carfora, la preside dell'Istituto Francesco Morano. La sua battaglia contro la dispersione scolastica non è solo educativa: è profondamente sociale, culturale, politica. Qui, dove l'abbandono scolastico tocca livelli estremi, la scuola diventa presidio di umanità, argine contro la deriva, spazio di resistenza.

Dietro ogni banco vuoto, una storia di rinuncia

La dispersione scolastica non è mai solo una scelta individuale. Dietro ogni banco vuoto si nasconde una storia di rinuncia, spesso silenziosa, che coinvolge non solo lo studente ma anche — e soprattutto — la sua famiglia. In molti casi, sono proprio i genitori, con la loro inconsapevolezza, fragilità o rassegnazione, a favorire l'abbandono scolastico. Non per cattiveria, ma per ignoranza emotiva, immaturità educativa e un disagio esistenziale mai elaborato. Alcuni genitori hanno alle spalle storie di fallimenti scolastici, altri si sentono inadeguati a sostenere i figli nel percorso educativo. Questo genera atteggiamenti opposti ma ugualmente dannosi: l'indifferenza passiva ("Se non vuole andare a scuola, pazienza") e la complicità deresponsabilizzante ("Ha mal di pancia? Meglio che resti a casa"). In entrambi i casi, il messaggio che passa è chiaro: la scuola è opzionale. E così ogni piccolo disagio diventa un pretesto per assentarsi, ogni difficoltà un motivo per mollare.

Molti genitori non hanno gli strumenti per comprendere il valore profondo della scuola. Non solo come luogo di apprendimento, ma come spazio di emancipazione, crescita, confronto. La scuola è il primo laboratorio sociale dove si impara a fallire, a rialzarsi, a costruire un'identità. Quando un genitore non ha mai sperimentato tutto questo — o lo ha vissuto come trauma — tende a trasmettere ai figli un'idea distorta dell'istruzione: un obbligo, una fatica, un nemico.


L'Istituto Morano: un fiore nel deserto

In questo scenario, l'Istituto Francesco Morano si erge come simbolo di resistenza e rinascita. Grazie alla visione inclusiva e instancabile di Eugenia Carfora, la scuola non giudica, non esclude, non abbandona. È diventata un potente messaggio di cambiamento, tanto da attirare l'attenzione di Eugenio Gagliardelli, imprenditore emiliano che ha deciso di investire nei ragazzi diplomati, offrendo loro lavoro, alloggio e un'auto. Un modello "olivettiano" di impresa sociale, che fonde etica e sviluppo, scuola e dignità.

Per molti ragazzi, la scuola è l'unica occasione per rompere il ciclo della povertà culturale, della marginalità, della rassegnazione. È il ponte verso un futuro diverso da quello dei genitori. Ma se la famiglia non lo capisce, se non lo sostiene, quel ponte crolla. E allora il rischio è che la sofferenza dei genitori — non elaborata, non trasformata — diventi l'eredità dei figli. Un'eredità fatta di rinunce, di sogni abortiti, di vite a metà. Insomma, una scuola come ponte generazionale.




Jeder Mensch wird in ein Meer von Wahrnehmungen hineingeboren. Das Bewusstsein ist das erste Ufer, das wir berühren: ein zerbrechlicher Landeplatz, der es uns erlaubt, „Ich“ zur Welt zu sagen. Doch Bewusstsein ist kein statischer Zustand: Es ist Bewegung, ein Fluss, der sich in jedem Augenblick erneuert. Es ist die Fähigkeit zu erkennen, dass wir leben und dass…

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